Soundscape/Quando la Natura fa musica

“In sempre piu’ vaste aree degli Stati Uniti la primavera arriva senza farsi notare…Le mattine sono stranamente silenziose laddove una volta erano piene del canto degli uccelli”. Tratto da Primavera Silenziosa di Rachel Carson, 1962

A tutti e’ capitato di sentire il fruscio del bosco durante una giornata ventosa, il crepitare dell’acqua quando ci si immerge tra gli scogli, il ronzare degli insetti in una giornata estiva o piu’ semplicemente l’assordante cinguettio dei passeri radunati su un albero poco prima del tramonto. Suoni purtroppo sempre meno familiari nelle citta’, ma anche nelle campagne coltivate a agricoltura intensiva. Ma quando ci sorprendono ci lasciano emozioni piacevoli, ricordi di infanzia, nostalgie di momenti in cui siamo stati “connessi” alla Natura e non solo alla Rete. E’ un momento in cui si attiva la nostra “intelligenza naturalistica” per dirla con lo psicologo Howard Gardner e di conseguenza il nostro benessere “ecologico”.

Il paesaggio che ci circonda non e’ solo visivo ma e’ caratterizzato anche da suoni. Si parla di “soundscape“, una combinazione di suoni naturali (biofonia) per esempio quelli degli animali o degli eventi atmosferici (geofonia) e di suoni prodotti dagli esseri umani e dalle attivita’ antropiche (antropofonia). Quest’ultimi possono rappresentare una forma di “inquinamento acustico” se sono presenti in ambienti naturali, come delle riserve o aree protette.

La perdita della biodiversita’ o la sua trasformazione causata dalla crisi ambientale sta avendo un forte impatto sui paesaggi sonori. Come anticipato dalla Carson ben 60 anni fa, i suoni della Natura si stanno facendo sempre piu’ flebili, o addirittura sono spariti dalle nostre vite.  Come i canti delle balene che sono sempre piu’  “coperti” dal frastuono delle navi, dei sonar dei sommergibili o dei test sismici condotti per cercare petrolio.

L’ecologia dei suoni non e’ una disciplina nuova, ma la si e’ riscoperta durante la pandemia quando il lockdown ha fatto “riemergere” la musica della Natura nelle citta’. Ci si e’ accorti che studiare l’acustica intorno a noi puo’ raccontarci di quanto il nostro ambiente sia degradato e in alcuni casi puo’ anche aiutare a recuperare la biodiversita’ perduta. Un esperto di paesaggi sonori, Bryan Pijanowski, dell’universita’ americana di Purdue sta mettendo a punto una ‘mappatura’ (vedi qui) di biofonie, tra cui anche quelle perdute. In Italia se ne occupa il prof. Almo Farina dell’Universita’ di Urbino.

Tuttavia per ora questi studi sono rimasti confinati nell’ambito accademico o strettamente specialistico. Sarebbe ora invece che ci fermassimo un istante in silenzio a sentire il rumore che ci circonda e – se riusciamo ancora – a distinguere qualche suono che ci arriva dal mondo animale o da un paesaggio naturale. Ci vorrebbe una iniziativa come quella del disco “The Song of the Humpback Whale”, famosa registrazione sonora del canto delle megattere realizzata nel 1970 dal ricercatore bioacustico americano Roger Payne. Alcuni estratti furono inseriti nel CD-rom  della sonda spaziale  Voyager 1 che da oltre 44 anni vaga a caccia di extraterrestri.

mariagraziacoggiola@pensieroverde.com

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