Right to Repair/C’e’ la legge ma chi ripara?

Right to repair, diritto alla riparazione, ma chi ripara? A causa della crisi Covid, nessuno o quasi si è accorto che gli elettrodomestici e i televisori dovranno essere ‘riparabili’ per un periodo da 7 a 10 anni e che quindi i fabbricanti dovranno produrre prodotti ‘smontabili’, mettere a disposizione pezzi di ricambio, manuali e software aggiornato. 

Una volta un frigorifero durava per una vita, oggi non si può riparare quasi nulla, tutto finisce in discarica. Secondo alcune stime il 30% dei rifiuti Raee (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) potrebbero essere riparati. Aggiungo io: ammesso che si trovino i pezzi di ricambio, qualcuno che li ripari e soprattutto che ci sia una convenienza.

I regolamenti dell’Unione Europea sull’Ecodesign in vigore dall’1 marzo e poi dall’1 settembre sono un primo passo. Oltre a aggiornare le norme sulla progettazione ecocompatibile (ecodesign), sulle etichette di efficienza energetica, introducono nuovi obblighi sui pezzi di ricambio.

Il regolamenti, che è un atto legislativo vincolante per i 27 Paesi Ue, si applica agli elettrodomestici di uso comune, come frigoriferi, lavatrici e lavastoviglie, i televisori, i server e oggetti di illuminazione.

In sintesi, dovranno essere a disposizione degli installatori i pezzi di ricambio per almeno 7-10 anni dall’immissione sul mercato dell’ultimo modello. Inoltre i fabbricanti dovranno obbligatoriamente tenere alcuni pezzi di ricambio anche quando il prodotto non è più in vendita per il consumatore ‘fai da te’ che vuole aggiustare il suo elettrodomestico rotto. Per evitare, come spesso accade, che ci vogliano mesi ad avere il pezzo di ricambio, il regolamento impone un tempo massimo di 15 giorni lavorativi per la consegna.     

Anche se – per ora – sono esclusi i computer e telefonini, è tuttavia un grande cambiamento a cui i produttori dovranno adeguarsi nei prossimi mesi.

Le disposizioni si inseriscono nel piano di azione europeo per promuovere l’economia circolare, ovvero ridurre la quantità di rifiuti in discarica e nello stesso tempo risparmiare preziose materie prime. La Francia aveva già anticipato questa mossa sei anni fa quando introdusse la legge contro “l’obsolescenza programmata”, contro quei prodotti fabbricati apposta per durare poco tempo.

Come accennato prima, rimane da chiedersi chi alla fine può aggiustare il circuito elettronico rotto o mettere le mani dentro un televisore. E soprattutto quanto ci costa alla fine.  Chiunque sa oggi che ‘riparare le cose’ è spesso molto più onerose di sostituirle con delle nuove. Non è solo perché’ non si trovano i pezzi di ricambio, ma per il loro costo e soprattutto la difficoltà di trovare un riparatore che svolga il lavoro in tempi ragionevoli. Meccanici, saldatori, idraulici, elettricisti, questi sono mestieri della “old economy” , che ora si vorrebbe di nuovo far rivivere per la “circular economy”. Insomma, dopo anni di consumismo selvaggio e di mentalità ‘usa e getta’, non basta un regolamento per ritornare al passato. Perché questo si tratta, tornare al tempo in cui i  materiali erano di qualità, si potevano smontare e rimontare e conveniva ripararli perché il riparatore era sotto casa e non a Hong Kong.  Di buono ora c’è solo la disponibilità di una marea di tutorial su YouTube e se si vive in una grande città del riparatore cinese o indiano.

mariagraziacoggiola@gmail.com

FONTI LEGISLATIVE

Il “right to repair” è contenuto in due regolamenti UE

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