Proteggere il 30% del pianeta/Il dilemma tra Uomo e Natura

   E’ il solito dilemma tra conservazionismo estremo, eco-dittatura e diritti umani, tra tutela dell’ambiente e giustizia sociale, tra Uomo e Natura, come se queste ultime fossero due cose distinte e contrapposte e non invece una unica realta’.  Le Nazioni Unite vorrebbero trasformare il 30% del pianeta in aree protette per salvaguardare la biodiversita‘, gli ecosistemi e quindi combattere anche la crisi climatica (Post-2020 Global Biodiversity Framework  uscito a luglio).  Significa prendere possesso, chiudere e controllare intere foreste, montagne, deserti, laghi o tratti di mare che sono ricchi di fauna e flora. Non e’ ben chiaro chi dovrebbe farlo, molto probabilmente i governi come succede oggi con le riserve naturali o marine. Il problema e’ che molte di queste aree da proteggere appartengono a milioni di indigeni sono hanno diritto alla proprieta’ delle loro terre e acque ancestrali.   

     Alcune ong, come Survival International, che proteggono i diritti delle minoranze, sostengono che l’obiettivo ’30×30′ potrebbe sfrattare ben 300 milioni di persone nel mondo e criticano il modello di “conservazione fortezza” finora applicato soprattutto in Asia e Africa. Dove i parchi nazionali sono militarizzati per proteggerli dal bracconaggio. Un modello che si e’ visto in India ha portato a degli abusi sulle popolazioni tribali costretti a sgomberare dalle terre ancestrali in nome della protezione delle tigri.

   La proposta dell’Onu sara’ discussa nella prossima COP 15 sulla biodiversita’, prevista in modalita’ virtuale,  a meta’ ottobre. Nel frattempoi il 2 e 3 settembre a Marsiglia si terra’ il Congresso Mondiale della Natura organizzato da IUCN.  Negli stessi giorni e’ prevista un contro congresso ” Our Land, Our Nature” di Survival International, Minority Rights Group e Rainforest Foundation. Denunciano il piano 30×3 come il ‘piu’ grande furto della Storia” e l’assenza di garanzie per assicurare una gestione corretta dei parchi nazionali.  

     Tuttavia nell’obiettivo 4 del Post 2020 Global Biodiversity Framework c’e’ un accenno a evitare i conflitti tra tra uomo e naturaEnsure active management actions to enable the recovery and conservation of species and the genetic diversity of wild and domesticated species, including through ex situ conservation, and effectively manage human-wildlife interactions to avoid or reduce human-wildlife conflict”.  Ma evidentemente e’ troppo vago pe assicurare i diritti degli indigeni.

   Secondo un rapporto UNEP, il 17% delle terre e 8% delle aree marine sono protette (+42% rispetto a 10 anni fa ), ma nessuno dei 20 obiettivi del Piano per la Biodiversita’2011-2020 e’ stato centrato (Aichi Biodiversity Strategy).

    D’altronde anche il nuovo piano di azione “post 20′ e’ abbastanza ambizioso. Tra i 21 targets per il 2030 quello al punto sette e’ da libro dei sogni:Reduce pollution from all sources to levels that are not harmful to biodiversity and ecosystem functions and human health, including by reducing nutrients lost to the environment by at least half, and pesticides by at least two thirds and eliminating the discharge of plastic waste”.

Eliminare i rifiuti di plastica nell’ambiente nei prossimi dieci anni? Li’ si che ci vuole una eco dittatura.

Mariagraziacoggiola@gmail.com

LEGISLAZIONE

Questi sono le fonti le fonti legislative connesse con questo articolo:

Convenzione sulla Biodiversita’ Ecologica (Rio, 1992)

Piano Strategico per la Biodiversita’ 2011-2020 – Aichi Targets (COP 10, Nagoya 2010)

Post-2020 Biodiversity Framework (FIRST DRAFT – On line 23 agosto / 3 settembre 2021)

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