Finalmente qualcuno comincia a smontare le bufale dell’economia circolare, la nuova chimera destinata a salvare il mondo e a riempire le tasche delle grandi multinazionali pronti a convertirsi alla “circolarità“. L’industria automobilistica è stata la prima a salire sul carro e a fiutare il nuovo business “verde” delle macchine elettriche. Governi e istituzioni poi si sono allineate al grido di “riconvertiamo tutto con l’elettrico, basta motori a scoppio“. Auto, bici, monopattini, qualcuno ora dice anche i fornelli a gas della cucina.
Nessuno però prende in considerazione che per un’auto elettrica ci vogliono le batterie, posti dove caricarle, tanta energia elettrica che – lo sappiamo bene – non potrà subito arrivare dalle rinnovabili. Ammesso che costruire centrali eoliche, su terreni coltivabili, e installare turbine eoliche (costruite con materiali non riciclabili) rientri nella categoria del ‘sostenibile‘.
All’inizio c’era solo Michael Moore e Jeff Gibbs con il documentario Planet of the Humans (2019) a denunciare il greenwashing e l’ambientalismo fagocitato dal capitalismo, ora però ci sono anche autorevoli studi da questa parte dell’oceano Atlantico.
Di recente è uscito un saggio in inglese pubblicato dall’Agenzia federale tedesca per l’Ambiente (Umweltbundesamt, in sigla Uba) “The Impossibilities of the Circular Economy”, dove si evidenziano i limiti e le illusioni dell’economia circolare. In sostanza, come recita il sottotitolo, “Separating Aspirations from Reality” , tutto si puo’ riciclare grazie a una fede cieca nel progresso scientifico (impostazione illuministica) è del tutto utopistico. “Chiudere il cerchio” è uno slogan bello e accattivante soprattutto se lo si contrappone alla linea retta della crescita infinita. Ma lo sanno anche i bambini che per riciclare i materiali, si pensi alla plastica, ci vogliono enormi quantità di risorse non rinnovabili, acqua pulita, energia elettrica ecc. Oppure ci vogliono gli straccioni di New Delhi o di qualche bidonville che si avvelenano i polmoni per “riciclare’ i circuiti elettronici. Chiudere il cerchio costa molto al pianeta e agli umani. Ed è per giunta fuorviante perché distoglie l’attenzione da quello che sarebbe invece necessario fare nell’immediato: ridurre i consumi e gli sprechi, cominciare a modificare gli stili di vita così da alleggerire i cassonetti della spazzatura. Piccolo cerchio è bello. Il volume edito da un team di esperti è diventato anche un divertente fumetto.
Altro rapporto, ma di questi giorni, è dedicato alla mobilità urbana e rivela quello che dicevo prima sui limiti della conversione all’elettrico. La mobilità a “emissioni zero” potrebbe portare nei prossimi decenni all’esaurimento di materie prime come rame, litio, cobalto, nichel, grafite, tutti materiali necessari per batterie, pannelli solari…e tutta l’elettronica che dovrebbe sostituire i vecchi e sporchi motori a combustione. Lo rivelano degli esperti spagnoli dell’Università di Vallodolid (Gruppo di Energia, Economia e Dinamica dei Sistemi – GEEDS) in uno studio (Material and Energy requirements of transport electrification) finanziato dall’Unione Europea, la stessa Ue che sta finanziando la riconversione elettrica. Come darsi la zappa sui piedi! Anche qui la soluzione logica sarebbe cominciare a la mobilita’, ovvero meno auto, proprio l’opposto di quanto prevede ora la cosiddetta “transizione” ecologica.